Una scena corale di Felicità, film d'esordio alla regia di Micaela Ramazzotti
Matteo Olivetti, Anna Galiena, Micaela Ramazzotti e Max Tortora: la famiglia Mazzoni di Felicità

Pochi hanno il coraggio in un’Italia alla “Dio, patria e famiglia” di mettere in dubbio la sacralità della famiglia italiana. E sottolineare in un film in concorso nella più internazionale delle mostre cinematografiche quanto la felicità sia un valore alieno dalla nostra “cultura familiare”, così impregnata di istanze cattoliche. Tuttavia Felicità è proprio il titolo – beffardo – dell’opera prima da regista di Micaela Ramazzotti, David di Donatello quale migliore attrice protagonista in La prima cosa bella di Paolo Virzì. Un film su una famiglia “disfunzionale” (Felicità, beninteso) di cui la Ramazzotti è regista, interprete e sceneggiatrice con Isabella Cecchi e Alessandra Guidi.

Felicità: un quadro dell’Italietta nelle quattro mura domestiche

Un padre baby pensionato con aspirazioni artistiche di gran lunga superiori al talento; mitomane, collerico, frustrato, calcolatore, razzista e omofobo, ipocrita, non perde mai occasione per esprimere tutta la sua violenza verbale. Una madre (interpretata da una grande Anna Galiena) che nega l’evidenza dei fatti per un suo “quieto vivere”, trasferendo sui figli – con relativi distinguo – tutto il suo disagio e insoddisfazione coniugale. Un figlio succube con un forte complesso di colpa inculcato dai genitori e per questo gravemente depresso al punto da dipendere dagli psicofarmaci e negarsi un futuro. Una figlia che, nonostante i continui abusi subiti sin dalla più giovane età, mantiene vivi dentro di sé quell’amore, forza e determinazione che le consentiranno di “salvare” il fratello contro tutto e tutti.

Questo in breve è il contesto familiare che Micaela Ramazzotti sceglie di rappresentare nei panni di Desiré (con l’accento sulla e, come ama sottolineare nel presentarsi): una giovane parrucchiera di scena legata a un insegnante universitario progressista (Sergio Rubini nel film) che le fa pesare il divario intellettuale sfruttandone la vitalità, la sincerità, l’avvenenza per il proprio piacere. E che non differisce per alcuni tratti da suo padre, a dimostrazione di quanto violenza e sopraffazione “creino dipendenza”. Insomma, un insieme di personaggi che esprimono inadeguatezza alla vita, degrado interiore, frustrazione che sfocia facilmente in violenza; il tutto calato in un’estrema periferia urbana dai contorni sinistri. Dove la felicità viaggia solo sulle note di un vecchio successo di Raffaella Carrà.

Micaela Ramazzotti e Sergio Rubini in una scena di Felicità
Micaela Ramazzotti e Sergio Rubini sono Desiré e Bruno

Un debole per le ragazze “storte”

Desiré, la protagonista di Felicità, è l’ultima ragazza “storta” cui Micaela Ramazzotti presta volto, corpo e anima dopo Sonia, la “Barbie stramba” di Tutta la vita davanti (2008), il film di Paolo Virzì che ha decretato il successo de Il mondo deve sapere di Michela Murgia. E dopo la Simona de Il nome del figlio (2015) di Francesca Archibugi, e la Donatella “difficile” de La pazza gioia (2016) sempre per Paolo Virzì, partner di scena e di vita per un certo periodo. Ma anche delle storie al limite incarnate in Una famiglia (2017) di Sebastiano Riso e in Naufragi (2021) di Stefano Chiantini. E come loro anche la Desiré di Felicità reagisce alle carenze affettive “donando” tutta sé stessa, investendo il proprio amore nella speranza di riceverne; nella speranza d’incontrare qualcuno finalmente “gentile” che non sia interessato solo al sesso. Con la differenza che in Felicità, grazie alla perizia di Luca Bigazzi, pluri-premiato direttore della fotografia, della Ramazzotti si cerca di far passare in secondo piano quell’avvenenza e sensualità che ne hanno segnato la carriera d’attrice. A partire dall’averla un po’ “appesantita” e averle accentuato le occhiaie.

Il cast di Felicità all'80° Mostra di Venezia
Il cast di Felicità all’80° Mostra di Venezia

Un successo insperato

Così col suo quadro familiar-distonico Micaela Ramazzotti ha incantato Venezia e portato a casa, contro ogni sua aspettativa, il Premio degli Spettatori – Armani Beauty concorrendo negli Orizzonti Extra della kermesse cinematografica con un film imperfetto (è un esordio) ma onesto e profondo. La sceneggiatura ha almeno una lacuna (non si capisce bene come Desiré riesca a guadagnare quella ingente quantità di denaro che la famiglia le spilla), ma c’è più di un tratto di verità che compensa le eventuali carenze. Soprattutto nell’aver rappresentato come i genitori replichino spesso nei loro figli – in modo sottile, implacabile, privo di scrupoli – i loro errori per affrancarsene senza una presa di coscienza o senza assumersene alcuna responsabilità, creando spesso situazioni in cui il libero arbitrio è pressoché negato.

Micaela Ramazzotti "regista"
Micaela Ramazzotti “regista”

Felicità è dunque per certo un film sull’egoismo, sull’insicurezza generata da abusi e soprusi, sull’assenza di affetto. Ma nel film c’è compassione, e l’onestà intellettuale di chi, pur calcando la mano sul registro emotivo, vuole arrivare alle corde dello spettatore. Tanto più lodevole perché Micaela Ramazzotti non vi racconta di sé, ma di una famiglia molto più comune di quanto si voglia far credere.

IL TRAILER DEL FILM

La locandina di Felicità
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Di Antonio Facchin

Tecnico per la digitalizzazione dell'informazione (Immagini e testo), e per l'eventuale ricorso all'intelligenza artificiale nell'editoria digitale multimediale; di formazione classica con Laurea e Master in Scienze umanistiche (foto ©SimonaFilippini)

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