L’Unione Europea il 5 marzo scorso ha reso noto di aver predisposto – per la prima volta – una strategia industriale di difesa (First ever defence industrial strategy and a new defence industry programme to enhance Europe’s readiness and security): un piano decennale di investimenti che, come ha dichiarato a Euractiv il Commissario per il mercato interno e i servizi, Thierry Breton, segna il passaggio dell’Unione Europea a una “modalità di economia di guerra”. Un progetto nato a due anni dall’invasione di un’Ucraina ancora in difficoltà nei confronti della Russia, sintomo che l’Unione vede su di sé la minaccia russa nel caso in cui prevalesse nel conflitto; e la necessità della costruzione di un sistema di difesa sotto l’egida Nato, alternativo a quello garantito per lo più dagli Stati Uniti; soprattutto nel caso in cui Donald Trump dovesse succedere a Joe Biden. Ma in cosa consiste “l’economia di guerra” dell’Unione Europea?
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Dieci anni di potenziamento dell’industria bellica
Gli obiettivi principali delineati nel disegno di legge sulla prima strategia industriale di difesa nella storia dell’Unione (EDIP, legislative proposal for a European Defence Industry Programme) consistono nel potenziare la capacità produttiva intracomunitaria, accumulare scorte, favorire gli investimenti, in un quadro di snellimento della burocrazia e di coordinamento delle procedure, per un rapido approvvigionamento di prodotti per la difesa. L’assicurarsi risorse interne indipendentemente dalle circostanze grazie a maggiori investimenti in ricerca, sviluppo e produzione. Favorire il coinvolgimento dell’Ucraina nell’iniziativa, in anticipo sulla sua adesione all’Unione.
Un’iniziativa che segna il passaggio dalle misure emergenziali a breve termine adottate nel 2023 (in scadenza il prossimo anno) a un piano di investimenti decennale nella produzione di sistemi difensivi – tra cui inequivocabilmente armi – che rivela un punto centrale: chi produrrà “sistemi difensivi” potrà accedere ai finanziamenti della Banca Centrale Europea.
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Gli obiettivi d’investimento degli Stati membri
«Per raggiungere gli obiettivi posti dalla strategia di “economia di guerra”, come Wired riporta, gli stati membri dovranno acquistare congiuntamente almeno il 40% delle attrezzature per la difesa entro il 2030, rendere gli scambi commerciali interni nel settore della difesa pari al 35% del valore dell’intero mercato della difesa dell’Unione, sempre entro il 2030, e spendere almeno il 50% dell’intero budget per la difesa all’interno dell’Unione entro il 2030 e almeno il 60% entro il 2035».
La strategia prevede inoltre di destinare 1,5 miliardi di euro del bilancio europeo tra il 2025 e il 2027 sulla base della Struttura per il programma di armamento europeo, un nuovo quadro normativo per facilitare e incrementare la cooperazione degli stati membri nell’ambito degli equipaggiamenti di difesa. Istituendo anche il Defence Industrial Readiness Board: la governance per un pieno coinvolgimento degli Stati membri, a garanzia di uniformità e coerenza dell’iniziativa.