Richard Wright, David Gilmour, Nick Mason, Roger Waters: i Pink Floyd (© GettyImages, 1973)
Richard Wright, David Gilmour, Nick Mason, Roger Waters: i Pink Floyd (© GettyImages, 1973)

Non esiste altra band al mondo che negli ultimi 50 anni abbia saputo meglio coniugare ingegneria del suono, sperimentazione, spettacolarizzazione e brand marketing dei Pink Floyd. Nonostante le difficili vicissitudini e gli insanabili contrasti interni: soprattutto quelli di cui si è reso protagonista Roger Waters, uno dei fondatori e leader indiscusso di quella rock band che a giorni – il 6 ottobre per la precisione – festeggerà i 50 anni dell’uscita del loro primo grande successo internazionale: The Dark Side of the Moon.

The Dark Side of the Moon Redux
The Dark Side of the Moon Redux (2023)

Per l’occasione Roger Waters, colui che ne scrisse i testi, ne fu voce e curò buona parte degli effetti di sintetizzazione – grazie anche alla preziosa collaborazione di Alan Parsons, già ingegnere del suono dei Beatles negli Abbey Road Studios di Londra, e al mixaggio di Chris Thomas – ne ha realizzato una versione “aggiornata” dal titolo The Dark Side of the Moon Redux, nonostante abbia abbandonato la formazione nel 1983 con The Final Cut, lasciandone la guida a David “Dave” Gilmour. Così Roger Waters è intervenuto in questi giorni sulla sua nuova iniziativa: “Non voglio sostituire l’album originale, voglio ricordare i concetti importanti che esprime e che hanno superato i confini del tempo e aggiungere qualcosa”, confermandosene allo stesso tempo l’esclusivo protagonista. Cosa che ha suscitato più di una perplessità, prima fra tutte quella su una “mancata presenza” in The Dark Side of the Moon Redux del celebre assolo di chitarra in Time proprio di David Gilmour. È la solita polemica per il lancio del disco o c’è altro?

Roger Waters in un'immagine recente (Photo by Jim Dyson, ©GettyImages, 2023)
Roger Waters in un’immagine recente (Photo by Jim Dyson, ©GettyImages, 2023)

50 anni di futuro

The Dark Side of the Moon potrebbe essere definito l’album della maturità dei Pink Floyd: un concept (senza soluzione di continuità) long playing (i dischi in vinile su piatto alla velocità di 33 giri al minuto) con sonorità che precorrevano l’era digitale, tanto più integrate da effetti sonori desunti dalla vita reale, con testi che da questa traevano spunto, se non addirittura di stampo filosofico; il tutto in una confezione di grande effetto. Insomma, una sintesi di fattori che determinarono un’autentica rivoluzione interna alla band che si era affacciata alla ribalta britannica con il suo rock psichedelico-onirico-spaziale, quello alla Syd Barrett per intenderci, approdando dunque al progressive rock con uno space hint (evidente nel titolo); con testi meno intimistici e più aderenti alla realtà fattuale. E una rivoluzione epocale nel fare musica perché la perfezione delle loro sonorità, l’unicità delle copertine e la spettacolarità dei concertigrazie a un innovativo e pervasivo impiego di luci ed effetti specialiinfluenzeranno tutto il rock a seguire.

Un brand marketing fatto d’arte, filosofia, società

Forse non tutti sanno che i Pink Floyd nacquero nella facoltà di architettura del Politecnico di Regent Street a Londra, frequentato nel 1965 dagli allora studenti  Roger Waters (voce, bassista, autore dei testi e degli effetti di sintetizzazione), Nick Mason (autore e batterista) e Richard Wright (autore e tastierista). Ai quali presto si unì Syd Barrett (autore e chitarrista) per soli tre anni. Ma solo nel 1970, due anni dopo l’arrivo di David Gilmour (l’autore polistrumentista che sostituì Barrett), i Pink Floyd scalarono le classifiche inglesi con Atom Heart Mother.

Atom Heart Mother (1970)

Atom Heart Mother (1970)

Ispirato da un articolo dell’Evening Standard sull’impianto di un pace-maker sperimentale su una donna incinta, la band chiese a Hipgnosis, lo studio che realizzò tutte le loro copertine, di presentare Atom Heart Mother (1970) con la massima semplicità. Si optò per eliminare ogni titolo su una copertina che, alla fine raffigurò una mucca: un “omaggio” alla Terra Madre, che naturalmente si distingueva da tutte le copertine esistenti. Quinto album realizzato negli Abbey Road Studios di Londra, Atom Heart Mother inaugurava – scalando per la prima volta le classifiche di vendita britanniche  – la seconda era dei Pink Floyd: quella definita progressive. A seguito del progetto di comporre la colonna sonora del film Zabriskie Point, definitivamente ridimensionato per le frequenti divergenze d’opinione tra Waters e il regista Michelangelo Antonioni.

The Dark Side of the Moon (1973)

The Dark Side of the Moon

Ma è con The Dark Side of the Moon (1973) che le copertine dei Pink Floyd divennero delle autentiche icone da brand marketing. Creata da Storm Thorgerson dello studio Hipgnosis, la copertina dell’album è infatti una delle più conosciute della storia del rock: essa raffigura un prisma che, colpito da un raggio di luce, lo scompone grazie al fenomeno della dispersione ottica, dando luogo allo spettro tipico della radiazione elettromagnetica, su sfondo nero. Una copertina che, anche in questo caso, non riportava né il nome della band, né altro.

Ottavo album realizzato in studio – preceduto da Meedle (1971) e Obscured by Clouds (1972) – The Dark Side of the Moon porta con sé importanti innovazioni: prima di tutto musicali col suo ampio spazio dedicato alla sperimentazione, con lunghe sezioni strumentali a scandire testi “filosofici” su quanto di oscuro (da qui il titolo) dell’animo umano sfugga alla comprensione razionale. Con i suoi riferimenti alla nascita, all’infanzia, all’inesorabile scorrere del tempo, alla morte, al consumismo, all’etnocentrismo, all’alienazione psichica (in omaggio alla parabola umana di Syd Barrett: co-fondatore e leader della band fino al 1968). Senza interruzione concettuale e musicale tra un brano e l’altro a farne il più noto concept album della storia della musica.

Considerato dalla critica uno dei migliori album di tutti i tempi, The Dark Side of the Moon riscosse un immediato successo mantenendo per una settimana la prima posizione delle classifiche di vendita statunitensi. E dove rimase per ben quindici anni, grazie ai suoi cinquanta milioni di copie vendute.

Wish you Were Here (1975)

Wish you Were Here

Secondo concept album e nono realizzato in studio, Wish you Were Here (1975) parla di assenza (quella di Syd Barrett nel caso specifico, ma anche della coesione interna alla band) e della disillusione nei confronti della cinica industria discografica rappresentata dall’uomo d’affari che resta “scottato” in copertina. L’album scalò in breve le classifiche americane (il più veloce a raggiungere la vetta di sempre) ed europee al punto che la EMI ebbe problemi a stare al passo con la domanda. Una curiosità: Alan Parsons non collaborò alla sua realizzazione, nonostante la candidatura ai Grammy Awards per The Dark Side of the Moon, per dedicarsi al suo Alan Parsons Project.

Animals (1977)

Animals

Decimo a esser realizzato in studio, Animals (1977) è anch’esso un concept album che si ispira alla situazione sociopolitica nel Regno Unito negli anni Settanta del secolo scorso. L’album venne registrato nei  Britannia Row Studios (lo studio di registrazione a 32 piste di proprietà della band) di Londra tra la fine del 1976 e gennaio 1977. Periodo in cui vennero alla luce i primi netti contrasti tra i quattro componenti del gruppo che nel 1979 portarono all’allontanamento di Richard Wright. 

L’immagine di copertina, un maiale che vola fra due delle ciminiere della centrale elettrica Battersea Power Station di Londra, fu realizzata dal fotografo Storm Thorgerson da un’idea di Roger Waters. Il maiale d’ora in poi sarà sempre presente a sovrastar la scena. Ma questo album, a differenza dei precedenti, non scalò le classifiche: vi restò tuttavia per un tempo sufficiente a ottenere quattro dischi di platino.

L’idea alla sua base è la rappresentazione delle classi sociali come specie animali alla stregua di quanto immaginato da George Orwell ne La fattoria degli animali: i cani sono gli aggressivi rappresentanti della legge; i maiali – dispotici e spietati – rappresentano i politici; le pecore sono la “mandria insana e cieca” dei cittadini. E se il romanzo si impernia sullo stalinismo, Animals è una critica al capitalismo. Sebbene all’apparenza realizzato su una serie di canzoni senza alcuna relazione tra loro, è proprio la tematica a farne un concept.

The Wall (1979)

The Wall

Non un concept album ma un’autentica opera rock è The Wall (1979), l’undicesimo doppio album dei Pink Floyd, ispirato da un “incidente diplomatico” occorso in scena durante l’ultimo tour, che mise Roger Waters di fronte, metaforicamente parlando, al “muro” che si crea talvolta tra artista e spettatore. Ma il muro cantato è anche quello che Pink, il protagonista di The Wall, erige attorno a sé dopo i traumi psicologici derivanti dalla morte del padre, dal comportamento di una madre iperprotettiva, dall’eccessiva severità degli insegnanti, dall’infedeltà coniugale; insomma, The Wall è l’album più autobiografico di Roger Waters. Il suo successo è a tutt’oggi difficile da quantificare: basti dire che fu uno degli album doppi più venduti nella storia. Per l’occasione la band richiamò Richard Wright anche se per il solo tour che ne seguì, in cui i Pink Floyd superarono sé stessi in efficacia spettacolare: un muro (in polistirolo, beninteso) veniva eretto e demolito ad ogni concerto, sovrastato da una versione attualizzata dell’immancabile maiale. Alan Parker diresse l’omonima trasposizione cinematografica e Bob Geldof ne fu il protagonista.

The Final Cut: il “taglio” definitivo di Roger Waters con la band

Pubblicato nel 1983, The Final Cut è il concept album realizzato in studio dopo The Wall: non si distingue per peculiari trovate grafiche, né per altro. L’album tratta di guerra (non a caso) e riporta sul retro-copertina l’espressione “by Roger Waters, performed by Pink Floyd“: per questo unanimemente ritenuto dalla critica un album da solista di chi aveva reso i Pink Floyd leggenda, forse a caro prezzo per tutti. L’uscita di Roger Waters dal gruppo diede l’avvio all’era Gilmour che con Nick Mason realizzò A Momentary Lapse of Reason (1987), The Division Bell (1994), The Endless River (2014, per non citare antologie, live e riedizioni) nel rispetto dello spirito originario della band . Rivedremo Waters, Gilmour, Mason e Wright riunirsi solo il 2 luglio 2005 in occasione del Live 8 di Bob Geldof. Ma tornare recentemente su fronti contrapposti sulla guerra russo-ucraina: Waters a favore di Putin, Gilmour e Mason in sostegno all’Ucraina.

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Di Antonio Facchin

Tecnico di marketing, esperto in comunicazione con la passione per l'editoria digitale multimediale. Di formazione classica con Laurea e Master in scienze umanistiche (foto ©SimonaFilippini)

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